Priscilla non esiste.
Priscilla siamo noi: vite colme di
quotidianità banali, qualche ricordo bello o terribile. Ognuno di noi
custodisce nel cuore, nella mente, almeno un momento che ritiene unico,
felicissimo, disperato, un momento di estasi, paura, allegria, dolore nero
profondo. Momenti. Per il resto viviamo, adattandoci, calcandoci sul viso una
maschera, più maschere, come fa Priscilla che le cambia a seconda
dell’interlocutore.
Però lei si ribella, dapprima senza
nemmeno rendersene conto. Mai oserebbe scientemente strapparsi via le maschere,
pur se oramai le impediscono anche di respirare: è stata ben addestrata dalla
famiglia, dall’Amore, dalla vita. Non è lei che si ribella; violentemente si
rivolta il
suo corpo. Contro di lei che
dapprima non osa, si accanisce il suo stesso essere e lo fa di notte quando,
avvolta nel buio, sogna e grida e soffre.
Carmelina Camperlingo ci parla della
rivoltra di Priscilla. Sconvolgono, specie perché raccontati in prima persona,
i sogni di questo personaggio che rappresenta ognuno di noi, di noi che
talvolta fantastichiamo di vivere senza maschere e di avere il coraggio di
proporci con il nostro volto.