A CASA DI NONNA - Gabriella Pastorino

A CASA DI NONNA - Gabriella Pastorino

Pagine deliziose, divertenti, attualissime, per
avvicinare con intelligenza i ragazzi ai libri. Temi importanti vengono
affrontati con un sorriso ed un’apparente leggerezza.
Gradevole anche per
lettori adulti.

(pag112)

Maggiori dettagli


10,00 € tasse incl.

Da "A casa di nonna" di Gabriella Pastorino

 

Io sono stato adottato

Non sono bello, sono magro magro, e secondo me questa è la principale ragione per cui sono rimasto in istituto fino a nove anni.

Quando sono arrivati papà e mamma la mia vita è cambiata completamente.

  A dire la verità tutto era cambiato già da circa due anni, da quando avevo cominciato a studiare.

Prima, andavo a scuola come gli altri: mi scocciavo, non capivo niente, non mi interessava niente. Poi, dopo,   avevo sempre paura, notte e giorno, ogni minuto. C'era un solo posto dove ero al sicuro, la scuola. Lì ero sempre in mezzo agli altri, ero sorvegliato. Questo fatto, che prima era una rottura, dopo mi faceva sentire al sicuro; in classe mi veniva da dormire tanto mi rilassavo. Poi ho cominciato a osservare lentamente quel mondo che prima per me era una prigione tale e quale all'altra, l'istituto. E mi sono reso conto che non era così.

La paura era stata tanta; per un po' tremavo solo, ero pieno d'odio anche se ero piccolo...

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Faceva freddo ed all'Uberto non gli si vedevano i capelli con un chilo e mezzo di gel ( lo ha pesato nonna), perché aveva un berrettuzzo di lana con scritto grande il nome di   Tommy qualchecosa, lo stilista americano che lui e zia Ariannina adorano. Stavano abbracciati che pareva non si fossero visti da sei mesi almeno. Io ero molto imbarazzato e ho detto forte: "Salve, sono qui" ma non mi hanno risposto e si sono avviati. Non avevo ancora mosso un passo che è sbucato dal nulla qualcuno che con una voce con molti sibili ha chiesto:

   -"Che? Tu saresti Piero?".

  Non si capiva che roba era, di sicuro era più magra di me anche se portava un giubbotto bianco che sarebbe andato comodamente al marito di zia Lara; della faccia si vedeva soltanto un triangolino con gli occhi e il naso, perché aveva uno di quei cappucci che portano i peruviani, quelli di mille colori che coprono sopracciglia, mento e orecchie.

   -"Io sono Piero" ho detto, calcando la voce su "sono"

   -"E tu sai chi sono io?"

Ho borbottato no, e non ho aggiunto "e nemmeno voglio saperlo" perché sono educato.

   -"Sono Sabrina. Ti piace il mio nome?"

A me non piace per niente, ma sempre per educazione ho detto che non è male.

   -"Piero non mi piace, non è per niente moderno."

L'avrei picchiata. "Che vuoi?" le ho chiesto.

   -"Sono qui per consigliarti nell'acquisto del regalo di tuo padre. Sono la sorella di Uberto."

L'Uberto, sempre tenendo abbracciata zia Ariannina, si è girato e ha detto:

-"Voi due, prendetevi per mano e seguiteci senza perdervi".

Io tenere per mano una mocciosa che sembrava uno spaventapasseri? Ero indignato. Ho infilato le mani intasca e mi sono messo a fianco di zia Ariannina, che manco se n'è accorta, persa com'era negli occhi dell'Uberto. Per tutta la strada quell'odiosa ragazzina ha chiacchierato sempre. Ha ripetuto trenta volte che fa danza classica come zia Ariannina e quaranta volte che appena crescerà si fidanzerà con Brad Pitt che è americano come zio Phil. Io non capivo dove voleva andare a parare con la storia di zio Phil, ma infine lei ha chiesto:

   -"Senti, domani o dopodomani voglio venire a casa tua con la scusa che mi devi spiegare qualcosa. Ho saputo che sei un secchione. Tu mi farai conoscere Phil e vediamo se lui riesce a combinare un incontro con Brad Pitt".

Zio Phil insegna astrofisica al M.I.T. di Boston e l'idea che potesse conoscere o interessarsi a Brad Pitt era la cosa più scema del mondo.

Dissi "Sei fuori" e meno male che eravamo arrivati.

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