20 ANNI DI F.I.D.A.P.A. A BATTIPAGLIA

20 ANNI DI F.I.D.A.P.A. A BATTIPAGLIA

Il volumetto, accurato e riccamente illustrato, è
un’assoluta novità fra i libri che ricordano anniversari di ogni tipo.
Ricco
di ricette nostrane, è interessante e gradevole da leggere.

(PAG.80)

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8,00 € tasse incl.

 

Da "20 anni di F.I.D.A.P.A. a Battipaglia"

 

L'intesa
Simonetta era stata intelligente, colta di una cultura non libresca, non fatta di citazioni dotte, ma perfettamente assorbita e perciò divenuta humus di idee personali, a volte strambe, originali sempre; era stata pure allegra, distrattissima, simpatica, buffa, equilibrata nell'agire, affettuosa con tutte.
Nel club era un punto di riferimento sicuro per inventiva ed attivismo; quando però c'era da dirimere questioni cretine basate su regole piccine si irrigidiva e sillabava: "Non lo so e non lo voglio sapere". Era stata una sorta di ciclone che a conferenze, dibattiti, convegni, dopo un quarto d'ora sbuffava: "Che strazio! Ma non si rompono l'anima?".
Era stata.
Ora era un vegetale, pallida, gonfia, con un ghigno immobile sul viso. Solo gli occhi erano rimasti identici e vivissimi; e parlavano come prima, dolci per un momento, tragici per lo più, da prigioniero in catene.
Quando, un paio di mesi dopo l'ictus, le amiche del club, a gruppi di dieci per volta, con mille precauzioni   furono ammesse a visitarla, tutte si pentirono delle preghiere, delle suppliche: "Signore, salvala!, ti prego, salvala!". Mara, la sua migliore amica, si pentiva anche lei dei rosari interminabili, delle ore trascorse in chiesa, lei che in chiesa entrava solo per battesimi e matrimoni.
   Di Simonetta ora solo gli occhi parlavano; avevano sorriso vedendo le amiche che entravano nel suo salotto e si erano riempiti di disperazione nel vederle andare via. Elvira non aveva retto ed era scoppiata in lacrime; furono subito allontanate con malgarbo dal marito e dai figli che a Simonetta dovevano una vita di ottimismo, di confusione, di risate, di qualcosa che somigliava alla felicità. L'infermiera, una specie di tedesca gentile ed efficientissima, aveva girato la carrozzella cui quel corpo era assicurato con cinghie varie ed aveva detto: la mezzora è passata.
Rimase solo Mara: voleva aiutare a rimettere a letto la sua Simonetta, ma Leo - niente più pancetta, niente più codino vagamente contestatore, solo un grigiore e l'infelicità - fu irremovibile: "Cerca di capire; basta poco e ..."
E poi le aveva raccontato a quali condizioni i medici gli avessero permesso di riportare sua moglie a casa: niente emozioni, niente rumori improvvisi, niente sbalzi di temperatura, poco cibo, niente di niente.
  "La amo tanto, ora più che mai - aveva singhiozzato, lui che rideva di ogni romanticheria - non voglio perderla!"
Arrivò la primavera e le visite continuarono, quotidiane. Uscivano sulla terrazza, con l'infermiera che interveniva se qualcuna alzava la voce; in quei momenti gli occhi della malata lanciavano fiamme e quelli di Mara si riempivano di disperazione.   Le amiche parlavano fra loro, rivolgendosi sempre a Simonetta che rideva con lo sguardo. Adesso emetteva un breve mugolio che da tutte fu considerata una conquista. Leo era felice: "Migliora, migliora a vista d'occhio. Il medico ha detto che se continuiamo a badarle così e ad evitarle ogni emozione, vivrà a lungo". Lo disse stando in piedi dietro la carrozzella. Non vide l'orrore negli occhi di Simonetta. Lo vide Mara, lo videro le altre amiche.
              "Viene Ray Charles al Massimo" Mara lo annunziò mentre Leo era di fronte a Simonetta, proprio all'altezza dei suoi occhi e quegli occhi lo catturarono, lo implorarono, mandarono scintille.
"Prendiamo un palchetto di fronte al palcoscenico; lei resterà solo mezz'ora" Fu un insistere pressante, di quegli occhi in primis; il mugolio che tanto aveva consolato Leo si fece continuo. Alla fine il medico stabilì: "Non più di mezz'ora" e si avviarono tutte.
  Tutte loro che risentivano la voce di Simonetta: "Leo non sa quali emozioni mi dà Ray Charles; è qualcosa di sessuale temo - ridacchiava - certo che il cuore mi va in fibrillazione. Forse in un'altra vita sono stata un raccoglitore di cotone, perché quando sento Georgia on my mind, in qualunque posto io mi trovi, qualunque cosa sto facendo, mi sento una palpitazione"...
Ray Charles, accompagnato al piano, si sedette ed attaccò subito "Georgia on my mind", come gli era stato chiesto dal sindaco in persona. Il sindaco, il marito di Elvira. L'ultimo sguardo di Simonetta, vivissimo sul volto ghignante divenuto rosso purpureo, fu di gratitudine per Mara e le altre che l'avevano liberata.
                                     Gabriella Pastorino

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